Italiana la prima mano bionica che parla al cervello

Italiana la prima mano bionica che parla al cervelloUna mano artificiale che sente ciò che tocca e capace di calibrare la forza per una carezza e trasmettere al cervello la sensazione tattile corrispondente è stata testata con successo in Italia su un paziente danese amputato della mano sinistra, rivelandosi in grado di trasmettere sensazioni tattili al suo cervello e permettendogli di manipolare oggetti con la giusta forza.

Un successo che porta anche la firma italiana, LifeHand 2 è il nome della protesi, una mano artificiale innestata sul braccio amputato e capace di muoversi non solo rispondendo direttamente agli impulsi del cervello, ma anche in grado di trasmettere sensazioni tattili.

Il risultato è frutto di un progetto internazionale che vede l’Italia in prima linea, coordinato dal Politecnico di Losanna, al progetto hanno partecipato la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma, l’Università Campus Bio-Medico di Roma, l’IRCSS San Raffaele di Roma, l’Istituto IMTEK dell’Università di Friburgo.

Italiana la prima mano bionica che parla al cervello

Era il capodanno del 2004 quando Dennis Aabo Sorensen, 36enne danese, subì l’amputazione della mano sinistra,Italiana la prima mano bionica che parla al cervello distrutta dallo scoppio di un petardo, da allora gli è stata applicata solo una protesi estetica fino a quando, nel 2013, è arrivato a Roma per affrontare la fase sperimentale di LifeHand 2, che si è rivelata un successo: la comunicazione tra cervello di Dennis e mano artificiale ha infatti effettivamente funzionato grazie a un complesso sistema d’impulsi tra centro e periferia.

Quella del recupero sensoriale, afferma Dennis, “è stata per me un’esperienza stupenda, tornare a sentire la differente consistenza degli oggetti, capire se sono duri o morbidi e avvertire come li stavo impugnando è stato incredibile”.

Italiana la prima mano bionica che parla al cervelloIn otto giorni di esercizi, Dennis è stato in grado di riconoscere la consistenza di oggetti duri, intermedi e morbidi in oltre il 78% di prese effettuate e nell’88% dei casi ha definito dimensioni e forme degli oggetti, riuscendo a dosare con precisione non troppo distante da quella di una mano naturale la forza da applicare per afferrarli.

I dati sperimentali hanno così dimostrato che è possibile ripristinare un effettivo feedback sensoriale nel sistema nervoso di un paziente amputato, utilizzando i segnali provenienti dalle dita sensorizzate della protesi. Il punto di collegamento tra sistema nervoso di Dennis e protesi, spiegano gli esperti, sono stati 4 elettrodi, poco più grandi di un capello, impiantati nei nervi del suo braccio, Un intervento delicato, durato più di otto ore, eseguito il 26 gennaio del 2013 al Policlinico Gemelli.

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